Camus, il male
e il fascino di sant'Agostino
di Roberto Righetto
"Sono il vostro Agostino prima della conversione: mi dibatto col problema
del male, e non ne esco": così dichiarava Albert Camus parlando davanti
ad un folto pubblico di domenicani, pochi anni prima della morte, avvenuta in
un incidente stradale nel gennaio del 1960. Negli ultimi tempi - lo testimoniano
varie fonti - il grande scrittore si era riavvicinato al cristianesimo e non pochi
biografi sostengono che era ormai prossimo alla fede. Nel suo itinerario dall'assurdo
alla rivolta, testimoniato dalle sue opere narrative e teatrali, egli peraltro
non aveva mai smesso di confrontarsi col problema del male: dal romanzo che gli
diede una prima notorietà, Lo straniero, dominato dalla logica dell'assurdo
con l'uomo vittima impotente della crudeltà della storia, al volume che
lo consacrò portandolo a vincere il premio Nobel, La peste, ove emerge
con forza il tema della sofferenza innocente. Ma sin dai primordi della sua esperienza
intellettuale, vale a dire dai suoi studi, Camus si lascia suggestionare dalla
figura di Agostino, il grande santo e dottore della Chiesa di cui condivide le
origini africane, tanto da dedicargli nel 1936 la tesi di laurea, dal titolo Metafisica
cristiana e neoplatonismo. Plotino e sant'Agostino. Camus aveva allora 23 anni
e frequentava l'università ad Algeri per conseguire il cosiddetto diploma
di studi superiori, che gli avrebbe consentito di accedere più tardi all'insegnamento:
obiettivo cui mirava ma cui poi dovette rinunciare, anche a causa della tubercolosi.
Il testo esce ora in italiano per i tipi delle edizioni Diabasis a cura di Lorenzo
Chiuchiù e ben testimonia l'interesse per la filosofia da parte dello scrittore.
In particolare Camus si appassionava per il dialogo e lo scontro culturale fra
cultura greca e cristianesimo. I protagonisti della lotta erano entrambi nordafricani:
da una parte Plotino e le sue teorie che ebbero un'indubbia influenza sui primi
filosofi cristiani, dall'altra Agostino, che seppe elaborare una sintesi mirabile
fra l'eredità classica e il pensiero cristiano. "Il cristianesimo
- annota Camus - ha conservato intatta la sua verità profonda, trattando
tutte le difficoltà a livello di Incarnazione". In realtà Camus,
che da poco aveva cominciato la sua militanza nel movimento comunista - dal quale
sarebbe ben presto uscito, disilluso sulle sue possibilità di liberazione
dell'uomo -, non se la sente di scegliere fra le due culture e dimostra chiaramente
di amare l'uno e l'altro dei due contendenti. Del dottore della Chiesa predilige
la ricerca della rettitudine e dell'ascesi, ma non condivide appieno la sua insistenza
sul senso del peccato. Scritta in compagnia di un gatto, la tesina di Camus prefigura
tutti i temi che accompagneranno la sua ricerca, che rimarrà sempre segnata
dalla figura di Agostino, a suo avviso "il solo grande spirito cristiano
che abbia guardato in faccia il problema del male".