La
grazia contro l'assurdo
di Maria Bettetini
Camus come Bernanos. Il "tutto è grazia" è un tentativo
di rispondere nella coscienza moderna al 'nulla è giusto' dei non credenti"
e, per Albert Camus, l'opera di Calderón de la Barca illustra "in
modo provocatorio" la grazia che trasfigura i peggiori criminali, "la
salvezza suscitata dalla dismisura del male". Con questo intento il quarantenne
Camus nel 1953 riscrive La devozione alla croce, opera di Pedro Calderón
de la Barca pubblicata nel 1636. L'occasione è il festival d'arte drammatica
organizzato nella corte del castello di Angers, per il quale il direttore Marcel
Herrand aveva scelto l'opera di Calderón e ne aveva chiesto all'amico
Camus una riscrittura. Ora il testo è stato tradotto anche in italiano,
con brevi pagine introduttive di Camus stesso e un saggio di Lorenzo Chuuchiù,
che per la stessa casa editrice e con l'incoraggiamento di Anna Giannatiempo
Quinzio, aveva già curato l'edizione italiana della scandalosa tesi di
Camus sul rapporto tra metafisica cristiane e neoplatonismo. Inutile dire della
positività di queste iniziative e contaminazioni, salvo dispiacersi per
l'assenza di un testo a fronte che avrebbe permesso al lettore italiano un ulteriore
confronto con lo stesso Calderón, nelle intenzioni mai tradito ma certo
elaborato da Camus. Il dramma, cupo come un atto sacramentale cruento come gli
ultimi atti delle tragedie elisabettiane, è ambientato in una remota
Sena (probabilmente Siena), come i dolori di Romeo e Giulietta hanno vita nella
bella Verona: il segno della croce marchia i due gemelli cresciuti separati
e naturalmente amanti, riconciliati con un cattivo padre e un cattivo mondo
solo di fronte alla morte benefica, perché lavata dalla grazia del sacramento
della confessione. Camus, che riteneva la tragedia cristiana consumata e conclusa
nell'abbandono del Golgota, riscrive volentieri un dialogo nato per un pubblico
di piazza, e ritrova molto del suo mondo "ingiusto e assurdo" nell'efferatezza
da cui sgorga la magica grazia dello "stravagante capolavoro" di Calderón.